COMUNICATO STAMPA n. 1000/22 C.C. del 30.12.22
Consiglio Comunale di Orvieto approva la mozione “un Progetto di ‘Città dell’arte’ per un Nuovo Rinascimento in nome di Luca Signorelli”
• Espressa la volontà unanime e responsabile della classe politica orvietana di esplorare un percorso che coinvolga il Ministro della Cultura su un’operazione culturale nazionale in cui la città deve riconoscersi
(ON/AF) – ORVIETO – Il Consiglio Comunale ha approvato all’unanimità la mozione un Progetto di “Città dell’arte” per un Nuovo Rinascimento in nome di Luca Signorelli presentata dal Cons. Franco Raimondo Barbabella (Capogruppo “Prima gli Orvietani”) che “impegna il Sindaco a chiedere un incontro urgente con il Ministro della cultura Gennaro Sangiuliano per verificare interesse e fattibilità della proposta e di costituire allo scopo una delegazione del Consiglio per sostenere l’iniziativa di fronte al Ministro a dimostrazione della volontà unanime della città”, condividendo nella sua interezza il documento progettuale, illustrato dal proponente il quale ha parlato di “una amozione che riguarda un tema di cui si discute da molti anni a livello nazionale e che le recenti dichiarazioni del neo Ministro della Cultura, San Giuliano hanno in qualche modo incoraggiato. È una idea progettuale che parte dalla constatazione che c’è un immenso patrimonio conservato ‘in riserva’. Il museo degli Uffizi espone il 50% delle opere che conserva, altri solo il 10%. La logica non è quella della mera esposizione ma dell’impresa culturale. Nel 2023 cadono i 500 anni della morte di Luca Signorelli e di Pietro Vannucci. La proposta è un’operazione culturale di tipo nazionale ma richiede una grande volontà della Città di crederci. Ovviamente l’ubicazione riguarda la caserma Piave”.
Di seguito il documento che fa da premessa al progetto:
MUSEO IN ORVIETO DEI TESORI SEGRETI – MUSEUM IN ORVIETO OF SECRET TREASURES (MOST). PROPOSTA DI ORVIETO COME SEDE IDEALE
Lo scenario – Com’è noto, c’è un immenso patrimonio artistico conservato nei depositi di musei, enti e fondazioni, che non è reso fruibile. Un immenso patrimonio, un tesoro tenuto ‘in riserva’, come si dice oggi, non accessibile al pubblico in quanto ritenuto di minor interesse (spesso per ragioni che non c’entrano con il valore artistico e storico, ad esempio per mancanza di spazi adeguati) rispetto alle opere che vengono rese fruibili nelle sale adibite alle esposizioni.
Mentre un sondaggio di ICCROM e UNESCO condotto nel 2011 a livello internazionale già allora indicava che i grandi musei hanno grosse difficoltà di diverso ordine e tipo per la gestione dei loro depositi e possono arrivare ad esporre anche solo l’8-10% delle collezioni che possiedono, altre ricerche internazionali più recenti indicano nel 5% la percentuale di opere di artisti anche noti che è esposta nelle sale, mentre il resto è appunto conservato ‘in riserva’.
Dunque siamo di fronte ad un tesoro nascosto, possiamo dire forzosamente segreto, di enormi proporzioni e di estremo interesse a livello mondiale e certamente anche italiano, che si tratta di portare alla luce. L’Italia può farsene promotrice ed esserne di esempio. È un problema che si pone da tempo e che però negli ultimi dieci anni è diventato sempre più impellente risolvere per diverse ragioni.
Anzitutto è cresciuta la sensibilità per la conoscenza la più completa possibile della produzione sia di singoli artisti che di correnti ed esperienze, sia perché sta crescendo la produzione di opere e di donazioni e quindi anche il bisogno di spazi per la conservazione. ‘Portare alla luce’, ‘mostrare i tesori segreti’, sta diventando un bisogno urgente e diffuso.
A questo si aggiunge poi la situazione contingente, che si è venuta a creare a seguito prima della crisi del 2008-2011 e poi della pandemia, che hanno oggettivamente avviato un percorso di cambiamento accelerato degli scenari, per la necessità di ridefinire ruoli e opportunità di sviluppo.
Un compito che spetta anzitutto ai Paesi e ai loro aggregati (come l’UE) e però anche alle singole città e ai territori e che, se interpretato come occasione per stare sull’onda della storia, ne può fare entità originali che vogliono e possono recitare la parte giusta nel processo di ripresa e resilienza.
Si può aggiungere che ci si sta avvicinando ad un appuntamento molto significativo che cadrà nel 2023: i 500 anni dalla morte di Luca Signorelli e di Pietro Vannucci. Poter fare di questo appuntamento, nel quadro di celebrazioni che si annunciano fin da ora come molto importanti, l’occasione di lancio di un progetto operativo con cui si va alla realizzazione di una iniziativa come quella che qui si prospetta, sarebbe la dimostrazione che anche le celebrazioni non si fermano all’immediatezza e entrano nella logica che Fernand Braudel avrebbe chiamato della lunga durata e che per le grandi operazioni culturali è certamente la logica giusta.
L’idea è portare alla luce questo immenso patrimonio, ‘mostrare i tesori segreti’. Si può fare nella forma di un’impresa con più soggetti protagonisti che si consorziano e organizzano cicli semestrali/annuali di mostre con i materiali custoditi nei loro depositi.
Si tratterebbe dunque non di un museo di natura, forma e gestione tradizionali, ma di una vera e propria impresa culturale del tutto nuova, della quale la parte espositiva, che è mobile e ciclica (nel senso che proviene e ritorna ai musei, a meno che essi non decidano altrimenti), è l’occasione intorno alla quale ruota poi tutta un’altra serie di attività. Un’impresa dunque, un’organizzazione e una conduzione aziendale, una logica produttiva.
In questo quadro si possono sviluppare molte e interessanti attività collegate. Si può pensare, infatti, non solo ad un sistema articolato (in presenza e online) di promozione della conoscenza del patrimonio artistico e culturale diretto ad alunni e studenti, ma a corsi di formazione delle guide turistiche e degli operatori impegnati nella gestione dei musei; a stages in collaborazione con le università; alla riscoperta del complesso delle attività artigianali connesse con il restauro delle opere d’arte e con l’allestimento di mostre e di esposizioni permanenti; allo studio e all’addestramento all’uso del digitale in funzione della fruizione e della conservazione del patrimonio; all’attivazione di un ITS finalizzato alla formazione di personale specializzato nel settore delle arti. Sono solo alcuni titoli appena abbozzati.
Le condizioni di base perché l’idea possa assumere la forma di progetto sono innanzitutto tre: la disponibilità iniziale di almeno tre grandi musei nazionali in modo da assicurare un primo ciclo triennale di esposizioni; la disponibilità di ambienti idonei in una città che per le sue caratteristiche sia attrattiva, attrezzata allo scopo e in posizione logistica favorevole; l’assunzione del progetto da parte del Governo come operazione di valorizzazione dell’arte italiana nel mondo, veicolo di bellezza, scoperta del variegato patrimonio diffuso nei territori, strumento di crescita culturale e di promozione turistica.
Orvieto come location ideale – Orvieto appare come la città naturalmente vocata ad ospitare un progetto con queste caratteristiche e capace di svolgere le funzioni indicate.
Anzitutto per storia e caratteri distintivi della città. Qui c’è un condensato della storia dell’Occidente europeo dal Villanoviano al Novecento. Orvieto è di per sé città d’arte. C’è un unicum di natura e cultura che potremmo addirittura definire esemplare per la capacità umana di adattarsi all’ambiente che la natura ha preparato trasformando i problemi da superare in elemento di forza fino al risanamento e alla valorizzazione partita negli anni ottanta del secolo scorso. C’è una ricerca di identità in questo mondo che cambia e che richiede alle città di organizzarsi per il proprio futuro nel contesto di un Paese che vuole mettere a frutto finalmente le proprie potenzialità. E questa della valorizzazione del patrimonio artistico ad oggi non esposto è una grande opportunità: l’Italia come faro dell’arte nel mondo.
Ma c’è soprattutto un patrimonio di edifici dismessi di grande pregio e capienza e potenzialmente idonei allo scopo seguendo una logica di progetto integrato. C’è anzitutto, come sede ideale, la ex Caserma Piave, un complesso di notevoli proporzioni, che sorge su un’area di 42.200 m2 all’ingresso sud-est della città, con 5 edifici di complessivi 41.000 m2 di superficie coperta. Una costruzione degli anni trenta del Novecento e dismessa fin dagli anni novanta, molto più flessibile di quanto non si creda e su cui esiste già un progetto di massima per la sua valorizzazione che si tratta di riscoprire e vedere in che modo possa essere reso utile. Ci sono poi, per un ideale sistema integrato, edifici dislocati nei diversi quartieri della città, dalla zona Duomo a San Giovenale e a San Giovanni, da San Francesco a San Paolo, che nel loro insieme prefigurano un sistema sia direttamente connesso alla funzione museale sia indirettamente utilizzabile per le funzioni di supporto o collaterali. In realtà è la città intera che si presta ad ospitare un progetto così ambizioso e così significativo.
Si aggiungano, come altro aspetto a supporto della validità della location, le opere per la riorganizzazione della vita urbana realizzate a partire dagli anni ’90 del secolo scorso nel quadro del risanamento della rupe e del Progetto Orvieto, che dotano la città delle strutture indispensabili per l’accessibilità e l’accoglienza di un pubblico vasto e si presume interessato ad un buon livello di funzionamento dei servizi.
Si aggiungano poi altri due elementi di particolare importanza: 1. la struttura urbana compatta con un cardo di 1400 metri e un decumano di 800, costruita su un masso di tufo che si compenetra in un modo carico di fascino con le pendici caratterizzate dalla necropoli anulare etrusca; 2. la posizione geografica al centro dell’Italia, sulle grandi vie di comunicazione, peraltro da potenziare, e il suo essere naturalmente la porta di ingresso sia dell’Umbria che della grande regione culturale e geografica dell’Etruria. Ci si riferisce ad autostrada A1 e ferrovia direttissima, ma anche ai progetti di fermata di treni ad alta velocità oltre che al potenziamento della viabilità trasversale e alla possibilità di un eliporto.
Infine, Orvieto è inserita in un vasto e interessante territorio fatto di borghi, di castelli e palazzi, di storia e di archeologia, di paesaggi e di ambienti particolari. Un complesso di aspetti che nel loro insieme fanno il carattere distintivo e il potenziale di qualità per il soggiorno, la residenza, la sicurezza e l’attrattività della location.
Una sfida per la città – Un progetto come questo, che si pone come parte del grande processo di rilancio e riorganizzazione del Paese previsto dal PNRR e che per questo coinvolge i diversi livelli istituzionali (lo Stato, la Regione, il Comune di Orvieto e i Comuni del territorio), soggetti pubblici e imprese private, non meno che le organizzazioni sociali, le associazioni e i semplici cittadini, si pone per la città nei termini di una sfida epocale, nel senso che esige una messa a verifica dello stato delle cose presenti e delle trasformazioni da operare.
Naturalmente non si tratta solo della progettazione specifica degli spazi destinati ad accogliere le diverse funzioni e le attività connesse, ma anche dell’adeguamento dell’organizzazione della città, dei suoi collegamenti interni e con l’esterno e soprattutto del funzionamento dei servizi che dovranno rispondere agli standard internazionali.
A questa operazione, che non sarà di maquillage ma di autentica sostanza, sarà necessario che partecipino gli operatori culturali e turistici e le aziende dei diversi settori. In realtà sarà necessario che essa venga vissuta da tutti come la grande occasione che delinea un futuro possibile non effimero. Una città d’arte che conferisce all’arte la sua funzione di nuova modernizzazione, come a suo tempo lo fu nel primo Rinascimento, e che nel contempo proprio per questo sposa le logiche della transizione digitale ed ecosostenibile (spazi liberi ed attrezzati per la socialità, mobilità elettrica, assenza di barriere architettoniche, città senza fumo, curata esteticamente e funzionalmente).
Coerenza con il PNRR – Com’è noto, le sei missioni del PNRR sono: 1. digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; 2. rivoluzione verde e transizione ecologica; 3. infrastrutture per una mobilità sostenibile; 4. istruzione e ricerca; 5. inclusione e coesione; 6. salute.
Il progetto MOST Orvieto è coerente direttamente o indirettamente con tutte e sei le missioni. Con la prima, in quanto vi ricade per la sua stessa natura che ne esalta tutti gli aspetti. Con la seconda, perché sposta l’idea stessa di sviluppo verso un modello fondato sulla cultura che di per sé spinge verso la transizione ecologica. Con la terza, perché indica un modello di città in parte già esistente e in parte da realizzare in coerenza con quanto già fatto con il progetto di risanamento della rupe. Con la quarta, perché i progetti collaterali vanno proprio nella direzione dell’istruzione e della ricerca. Con la quinta, perché il progetto è intrinsecamente inclusivo su tutti i piani e tende alla coesione sociale in un territorio che in carenza di sviluppo di qualità sarebbe destinato a sfaldarsi. Con la sesta, perché indirettamente comporta il potenziamento e la qualificazione dei servizi, ivi inclusi soprattutto quelli sanitari, in funzione di un’accessibilità, di un’accoglienza e di una residenzialità in sicurezza per tutti.
Il documento sulle opportunità offerte dal PNRR per i comuni italiani, opera del Dipartimento della Funzione Pubblica del Ministero per la Pubblica Amministrazione, fornisce un quadro completo delle molteplici iniziative di miglioramento che possono essere intraprese a livello locale sulla base di una visione generale.
Occasione per promuovere un Nuovo Rinascimento – Se ne parlava da tempo, in verità in modo un po’ astratto. Oggi è diverso, se ne può parlare anche in modo operativo perché siamo di fronte alla necessità di ripensare il mondo e di riorganizzare senso e funzionamento del sistema economico-sociale. Si tratta di rifinalizzare attività e comportamenti nell’epoca del modo globale e digitale complesso. E questo ha a che vedere con l’Italia e con l’Europa che vogliamo costruire mentre lavoriamo per uscire dalla crisi che ci attanaglia.
In un recente articolo Claudia Ferrazzi ha parlato dell’utilità di ‘favorire un vero Rinascimento dell’era digitale … perché viene riconosciuto il valore aggiunto, compreso quello economico e produttivo, di creatività, innovazione, sensibilità, visione da punti di vista nuovi e inediti, aumento dell’educazione e della cultura generale sia nell’impresa, sia nei cittadini e nei consumatori che la compongono e la fanno vivere’. E, poiché tutto indica che nei prossimi anni ‘la digitalizzazione sempre più pervasiva porterà ad una crescita esponenziale del bisogno di competenze tecnologiche, ma anche di competenze cognitive superiori, etiche, comportamentali, relazionali, nonché emotive’, allora sarà opportuno inserire in questo contesto attività e iniziative che promuovano il senso dell’umano, la capacità umana ‘di inventare e di adattarsi, la sua intelligenza emotiva’, legata in tanti modi all’esperienza artistica e alla sua fruizione. Nell’età del digitale è impellente riconquistare, come nell’età rinascimentale, una visione del mondo come armonia tra uomo e natura.
Orvieto ne è già di per sé come città, culturalmente e fisicamente, un esempio. Il progetto MOST di Orvieto può essere una iniziativa estremamente significativa e utile, in modo diretto e indiretto, per andare nella direzione appena accennata.
Le recenti (1° dicembre 2022) dichiarazioni del Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano incoraggiano il progetto. Recentemente il Ministro Sangiuliano, durante l’audizione tenutasi il 1° dicembre scorso di fronte ai parlamentari delle Commissioni Cultura di Camera e Senato, ha dichiarato: ‘Facciamo gli Uffizi 2. Si può pensare a una strategia di lungo periodo che può portare alcuni grandi musei a generare nuovi spazi espositivi, magari anche in altre città, come hanno fatto alcuni grandi musei internazionali. Ne ho parlato con il direttore degli Uffizi e del Museo nazionale archeologico di Napoli: alcuni grandi musei per la quantità di reperti che conservano nei loro depositi si possono duplicare. Possiamo pensare agli Uffizi Due o a Firenze o in un’altra città della Toscana o sul fronte internazionale, come ha fatto il Louvre. Possiamo pensare a un’altra sede del Mann a Palazzo Fuga dove poter esporre tutti quei reperti che sono nei depositi. Sarebbe un’opera utile, perché in Italia ci sono cinque milioni di reperti di cui solo 480mila esposti al pubblico’.
Sono dichiarazioni importanti che incoraggiano questo progetto. Elaborato tra agosto e settembre 2021, oggi, proprio alla luce delle dichiarazioni del Ministro Sangiuliano, può prendere di nuovo vigore.
Necessità di agire in tempi stretti – Bisognerà procedere alle diverse fasi di verifica dell’interesse e della fattibilità del progetto con sollecitudine, perché appare evidente che le decisioni importanti sulle strategie di ripresa e resilienza non sono del tutto definite e nei prossimi mesi possono trovare spazio proposte come quella che sopra è stata illustrata.
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Riferimenti bibliografici nel testo
UNESCO-ICCROM partnership for the Preventive Conservation of Endangered Museum Collections in Developing Countries (2007-2010)
Marina Paglieri, C’è un tesoro nelle cantine dei musei. Ecco come farlo vedere a tutti, R’E Le
Inchieste, 4 novembre 2011
Christopher Groskopf, Gran parte delle opere d’arte è nascosta nei depositi dei musei, Quartz, USA, 17 febbraio 2016
Vincenzo Trione, Depositi dei musei, giacimenti del bello da espandere e ripensare, Corriere della Sera, 2 novembre 2019
Dario Crapisi, Il progetto di un deposito come esperienza museale, Tesi presso il Politecnico di Torino, 2020
Ilaria Parini, La fruibilità dei depositi nei musei d’arte: un progetto di inclusione sociale, Tesi presso Università Ca’ Foscari Venezia, 2020
Ivano Dionigi, C’è bisogno di un nuovo Umanesimo, Repubblica Cultura, 6 giugno 2021
Claudia Ferrazzi, Idee per un tocco umano all’èra digitale, Il Foglio, 21 agosto 2021
Desirée Maida, Facciamo gli Uffizi 2 e aumentiamo il costo del biglietto”. Le ultime del Ministro Sangiuliano, Artribune 3 dicembre 2022
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Sintesi del dibattito:
Sindaco, Roberta Tardani: “ho letto la mozione ed ho avuto modo di discuterla con il proponente. Una proposta impegnativa e suggestiva. Del resto chi non sogna non si spinge mai oltre. Però di sogni si muore. Si chiede di andare presso il Ministero e chiedere la disponibilità di questo patrimonio immenso nei musei d’Italia, di candidare Orvieto a sede, e collegarci scuole per il restauro e recupero. Servono quindi risorse per la riqualificazione della nostra caserma che, non potendo intervenire il Comune, l’onere dovrebbe essere in carico a Ministero, va però aggiunto che il Pnrr non potrebbe intervenire essendo finalizzato ad altri scopi e che i progetti del Pnrr, peraltro vanno rendicontati entro il 2026. Una cosa che va al di là delle nostre possibilità anche gestionali. Potremmo però esplorare questa idea sebbene la trovo molto suggestiva ma di difficile attuazione. Del resto per anni si è sognato intorno a progetti che non sono stati messi a terra”.
Andrea Sacripanti (Capogruppo “Lega – Salvini per Orvieto”): “un testo che è sicuramente frutto di una profonda elaborazione. Un progetto molto valido, coerente con la vocazione artistica della città e per certi aspetti tesa al recupero di un immobile, l’ex caserma Piave. Il Sindaco ha ragione quando dice che dobbiamo andare a battere cassa al Ministro, d’altra parte però qualsiasi intervento sulla Piave richiede ingenti risorse. L’idea è valida e per altri aspetti è giusto che noi ci proponiamo perché un domani non ci si debba rammaricare di non aver avuto il coraggio di lavorare ad una proposta che, ripeto, è interessante e che potrebbe intercettare una fetta di mercato turistico diverso. Oggi abbiamo l’opportunità di presentare una proposta che però potrebbe camminare per step. Ha ragione Barbabella che pone il tema dell’unità della città intorno alla proposta”.
Alessio Tempesta (“Gruppo Misto”): “condivido che è giusto proporsi e condivido l’appello alla concretezza che arriva dal Sindaco. E’ giusto proporsi per una richiesta di incontro con il Ministro. Dalla mozione si potrebbe attingere ai fondi Pnrr, il Sindaco dice no, a maggior ragione siamo legittimati a chiedere un incontro con il Ministro. Sono favorevole nel tentare questo percorso”.
Cristina Croce (Capogruppo “Siamo Orvieto”): “condivido il progetto e voterò a favore, se c’è una comune volontà di valutare la possibilità di un percorso”.
Federico Giovannini (“Partito Democratico”): “una buonissima idea quella contenuta nella mozione che deve servire soprattutto ad aprire gli occhi sul valore e sul patrimonio che abbiamo nella nostra città che deve ritagliarsi una vocazione più marcata nel campo della cultura e del turismo. Il Consiglio deve prendere consapevolezza che ci sono molti contenitori vuoti. Certo è un’operazione difficile e complessa ma che vale la pena di fare con le Istituzioni preposte. Una mozione che apre ad un percorso nuovo che ad oggi non è ancora stato fatto. In città c’è voglia che ci sia una valorizzazione a partire dalla cultura e dal patrimonio artistico. Voto a favore”.
Presidente Assemblea, Umberto Garbini (Capogruppo “Fratelli d’Italia”): “ho apprezzato gli interventi di Sacripanti, Tempesta, Croce e nella consapevolezza che è un tentativo, anche questo andrebbe sul solco delle tante prove e sfide che la città ha avuto in passato e che sono ancora una realtà, pensiamo alla edificazione del Duomo o alla caserma Piave. Proviamoci non è detto che non riusciremo ad aprire un varco. Nei limiti delle mie conoscenze mi adopererò. Certo la complessità della proposta e il costo dell’impresa vanno tenuti presenti, ma è giusto tentare. La Piave è la ex caserma Piave è la soluzione economica della città di Orvieto altrimenti i nostri centri saranno destinati ad essere un dormitorio. Andiamo oltre la destinazione della Piave a case popolari. Da parte del FdI c’è la massima disponibilità a sostenere questa proposta”.
Replica, Barbabella: “il punto è che la Piave nel tempo da risorsa è diventata un problema. E’ vero, oggi è il problema della città. Finora non mi sembra che ci siano state proposte trionfali. Io ho esperienza del Progetto Orvieto che non è nato come un fungo ma è nato dalle frane che colpirono perimetro della rupe alla fine degli anni Settanta. Posso capire lo scetticismo del Sindaco ma questo mi preoccupa molto! Questa è l’operazione di una città che va ad agganciare un contesto nazionale che esiste. E’ una occasione! E’ una ipotesi sicuramente da verificare ma credendoci! Quando parlo di visione parlo di strategie! La politica è questo: realizzare le cose dentro un disegno che ci dà la possibilità e di guardare in avanti”.
Dichiarazioni di voto, Sacripanti: “per correttezza puntualizzo che non vorrei che in città passasse il messaggio che è cosa fatta, ma che c’è la volontà del Consiglio Comunale di esplorare un percorso. Il senso di responsabilità è che ce la metteremo tutta perché qualcuno ci ascolti. E’ questo un messaggio serio e di responsabilità. E su questo percorso c’è unanimità della classe politica orvietana”.
Tempesta: “sono favorevole. La mozione dice di costituire una delegazione per andare a proporci. Ecco, organizzare la delegazione è il primo tentativo”.