COMUNICATO STAMPA n. 994/21 G.M. del 03.12.21
Il Pinturicchio fa ritorno a Orvieto con la mostra Il Bambin Gesù delle Mani. Orvieto, Museo “Claudio Faina” – 4 Dicembre 2021 / 9 Gennaio 2022
• L’inedito e misterioso capolavoro del Pinturicchio svela affascinanti brani di storia rinascimentale
(ON/AF) – ORVIETO – Dopo 500 anni dalla sua partenza, Bernardino di Betto detto Pinturicchio fa ritorno a Orvieto attraverso il capolavoro del “Bambin Gesù delle Mani” che dà il titolo alla mostra che verrà aperta al pubblico domani – Sabato 4 Dicembre 2021 – al Museo Etrusco “Claudio Faina”.
La mostra, resa possibile dalla collaborazione fra la Fondazione Claudio Faina, Fondazione Guglielmo Giordano (proprietaria dell’opera) e il Comune di Orvieto, si protrarrà fino al 9 Gennaio 2022.
L’opera “Bambin Gesù delle Mani” è protagonista di una storia incredibile. Infatti, il frammento smurato in mostra è parte di un affresco che raffigura Papa Alessandro VI Borgia che tiene i piedi del Bambin Gesù tenuto in grembo dalla Madonna che, secondo le ricostruzioni, avrebbe il volto di Giulia Farnese, considerata l’amante del Papa. Un dipinto che testimonierebbe l’origine del potere dei Farnese e dell’ascesa al soglio pontificio del fratello di Giulia, Alessandro, divenuto Papa Paolo III e profondamente legato alla città di Orvieto.
I Farnese e Orvieto. La famiglia Farnese fu una delle più influenti famiglie del rinascimento Italiano; tra i suoi membri più importanti si annovera appunto Papa Paolo III, un ritratto del quale, con apposta didascalia che ricorda le origini Orvietane della famiglia Farnese, è custodito dallo stesso Comune di Orvieto.
Il primo personaggio della famiglia Farnese di cui si hanno notizie storiche è un certo Pietro, che fu console di Orvieto nel 984.
A partire dal 1492, in molti fanno risalire l’origine del potere della famiglia Farnese alla relazione tra il Papa Alessandro VI Borgia e Giulia Farnese, a seguito della quale, il fratello della stessa divenne cardinale ed in seguito fu nominato Papa, Paolo III.
Nel 1492 Bernardino di Betto detto Pinturicchio, incaricato di lavorare al Duomo di Orvieto, fu convocato a Roma da Papa Alessandro VI per affrescare i suoi appartamenti, e fu costretto a lasciare Orvieto senza aver compiuto il lavoro.
Della relazione tra Alessandro VI e Giulia Farnese sussistevano molte e ricorrenti voci, ma a darne testimonianza fu il Vasari che parlando di Pinturicchio scrisse “Nel medesimo palazzo gli fece dipingere Alessandro Sesto tutte le stanze dove abitava, e tutta la Torre Borgia… In detto palazzo ritrasse, sopra la porta d’una camera, la signora Giulia Farnese nel volto d’una Nostra Donna; e nel medesimo quadro la testa di esso papa Alessandro che l’adora”.
L’opera descritta dal Vasari rappresenta uno dei casi più intriganti e avvincenti della storia dell’arte Italiana e nessuno, oggi, entrando negli appartamenti Borgia può ammirarne la bellezza poiché l’opera venne asportata e sezionata nel 1655 per volere di papa Alessandro VII, al secolo Fabio Chigi, il quale volle cancellarne ogni traccia.
Il frammento centrale di questa incredibile opera raffigurante il “Bambin Gesù delle Mani” è custodito dalla Fondazione Guglielmo Giordano e oggi, dopo 500 anni dalla sua partenza, si può affermare che il Pinturicchio torna a Orvieto attraverso il suo capolavoro.
La mostra, infatti, vuole essere un omaggio alla città di Orvieto per essere stata privata dell’opera di Pinturicchio che, convocato a Roma da Alessandro VI, dovette abbandonare la fabbrica del Duomo per dedicarsi agli appartamenti Borgia.
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L’evento espositivo allestito al primo piano del Museo Etrusco “Claudio Faina dove vengono presentati il “Bambin Gesù delle Mani” e dei frame didattici, è stato presentato, in un’anteprima riservata alla stampa, questo pomeriggio presso il Museo Faina, dal Sindaco e Assessore alla Cultura Comune di Orvieto, Roberta Tardani, dal Presidente della Fondazione “Claudio Faina”, Daniele Di Loreto, dal Presidente Fondazione Guglielmo Giordano Andrea Margaritelli e dal Prof. Franco Ivan Nucciarelli dell’Università di Perugia e membro del comitato scientifico della Fondazione Guglielmo Giordano.
“Conclusa l’Avventura affascinante di un quadro, quello di Dante ne iniziamo un’altra – ha esordito Daniele Di Loreto, Presidente della Fondazione ‘Claudio Faina’ sottolineando l’importanza del “binomio cultura ed economia” perché “la cultura rappresenta uno strumento di sviluppo industriale e di crescita della collettività. Partnership e committenza, creano valore. Sono grato al Presidente della Fondazione Guglielmo Giordano, Andrea Margaritelli per questa importante collaborazione. Con questa mostra di prestigio valorizziamo ulteriormente il nostro piccolo exhibition center affacciato sulla Grande Bellezza della Cattedrale di Orvieto”.
“Nella Sala Unità d’Italia del Comune di Orvieto c’è un affresco che raffigura Papa Paolo III con una didascalia che ricorda le origini Orvietane della famiglia Farnese – ha detto il Sindaco, Roberta Tardani – la mostra è nata da un incontro fortunato con Emanuele Ferlicca e insieme abbiamo scoperto che c’è una storia e un legame affascinante fra la storia della nostra città e quella dell’affresco. Ho chiesto di vederlo e quando mi sono recata alla Fondazione Giordano me ne sono subito innamorata. E’ un’opera che suscita emozione di qui il desiderio di condividerla con la città. Così ho subito coinvolto la Fondazione Faina partner privilegiato. Il Comune di Orvieto è orgoglioso di partecipare alla realizzazione di questo evento importante per l’arte italiana e per la storia della nostra città che si riscopre e si rinnova ogni giorno” ha aggiunto.
“La storia del Pinturicchio a Orvieto nel cantiere della fabbrica del Duomo e del suo allontanamento per lavorare agli appartamenti dei Borgia è davvero singolare come pure le peripezie del destino avuto dall’opera ‘Bambin Gesù delle Mani’ che miracolosamente direi è arrivato ai giorni nostri. Restituire al pubblico, proprio a Natale, la possibilità di ammirare quest’opera è qualcosa che sicuramente lascerà un segno in questa città e credo in ciascuno di noi. La mostra costituisce quindi un arricchimento culturale importante per noi tutti e per gli estimatori dell’arte”.
“Come Comune – ha concluso – abbiamo sostenuto sin da subito e con entusiasmo questo progetto a cui hanno lavorato la Fondazione per il Museo Claudio Faina e la Fondazione Guglielmo Giordano, che ringrazio, consci che si tratta di una ulteriore occasione di valorizzazione della storia e del patrimonio culturale del nostro Paese che sicuramente cela ancora tante meraviglie da scoprire, anche solo come narrazione. Tutto questo è linfa per la conoscenza dei luoghi in cui abbiamo il privilegio di vivere ed è un patrimonio notevole che, come istituzioni, siamo impegnati a valorizzare”.
Dopo aver ringraziato il Presidente della Fondazione Faina e il Sindaco “per le parole autentiche” e ricambiando di cuore l’accoglienza, Andrea Margaritelli Presidente Fondazione Guglielmo Giordano ha rivelato che “la scintilla è scoccata di fronte a una città così bella. Palazzo Faina ha il privilegio di affacciarsi sul Duomo e la mostra è un momento per fruire della bellezza che gratifica chi la vede ed è un ulteriore incentivo ad investire nella cultura”. Parlando dell’opera, Margaritelli ha detto che “la storia di questo affresco è quasi un giallo rinascimentale. Una storia vera e documentata che mostra il legame tra Orvieto e la famiglia Farnese. Il Duomo ospita anche Pinturicchio nel 1492, anno che è stato spartiacque tra Medioevo e modernità. In quel periodo vede la luce l’opera del Bambin Gesù delle Mani quando Papa Borgia chiama il pittore ad affrescare le sue stanze private a Roma. L’oro dell’aureola del Bambino, secondo gli storici dell’arte, è quello portato da Colombo dall’America e l’iconografia della Madonna una delle figure più splendide del Rinascimento”.
Il Prof. Franco Ivan Nucciarelli membro del comitato scientifico della Fondazione Guglielmo Giordano ha ripercorso la storia della famiglia Farnese evidenziando i legami delle truppe orvietane che, uscirono dalla provincia per affacciarsi su Roma. “Il dominio temporale dei papi – ha detto – comincia con la donazione di Sutri. La Chiesa era di fatto una monarchia assoluta ma non aveva una continuità dinastica. Per assicurarsela si crea una potentissima nobiltà che assicura alla chiesa quella continuità. Una nobiltà nera che si accorge del potere di scorporare stati e create un principato autonomo. I Farnese sono una delle famiglie di capitàni delle truppe orvietane che escono dalla provincia per affacciarsi su Roma. Oltre all’entrata nel clan della nobiltà pontificia, tutto ruota intorno alla figura di ‘Giulia la bella” che sposa Orsino Orsini. Principessa 17enne divenne amante di Alessandro VI Borgia divenuto Cardinale a 25 anni. Il Ducato dei Farnese finisce con Unità d’Italia ma le tracce proseguono tanto che nello stemma della dinastia dei Borbone sono presenti i gigli farnesiani. Non esistono ritratti ufficiali di Giulia Farnese, ma ricorrono molte immagini di dame con l’unicorno, animale che, secondo le credenze dell’epoca, può essere domato solo da una donna illibata, a insistere quindi sulla purezza di Giulia. La Madonna che nell’affresco teneva in grembo il Bambino è considerata una delle figure più belle del Rinascimento. Resta l’interrogativo se il volto della Madonna sia quello di Giulia Farnese”.
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IL BAMBIN GESU’ DELLE MANI. Un inedito capolavoro del Pinturicchio svela affascinanti brani di storia rinascimentale (Fonte: Fondazione Guglielmo Giordano)
Dal 2004, attraverso l’organizzazione di mostre ed eventi in tutto il mondo, la Fondazione Guglielmo Giordano promuove la conoscenza del dipinto “Bambin Gesù delle Mani” del Pinturicchio, proveniente da un affresco delle stanze vaticane poi scomparso. La parte più preziosa dell’intera composizione – il Bambino Gesù benedicente – rientrata in Umbria dopo oltre cinque secoli e acquisita dal Gruppo Margaritelli, è stata affidata alla Fondazione affinché ne curi lo studio e la divulgazione.
Quasi tutte le opere d’arte del passato, se studiate con cura nel contesto originario, sono di grande aiuto alla comprensione di alcuni dettagli della storia che spesso sfuggono alle grandi analisi, perché riposti oppure volutamente occultati.
Se si volessero osservare le vicende di cui fu testimone sul palcoscenico della Storia l’affresco vaticano del Pinturicchio raffigurante la Madonna con il Bambino e papa Alessandro VI Borgia orante, ci troveremmo vorticosamente trasportati in piena epoca rinascimentale – precisamente negli anni immediatamente successivi al fatidico 1492 – e circondati da personaggi di indiscutibile fascino.
Tra questi spiccherebbero alcune grandi figure e precisamente Alessandro VI Borgia, uno dei più discussi pontefici dell’intero percorso della Chiesa; Giulia Farnese, emblema della bellezza rinascimentale, malignamente soprannominata “sponsa Christi” per le sue note frequentazioni con il papa; Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, artefice dell’opera in questione e pittore attivo alla Corte vaticana sotto ben cinque papi.
Cardine di tutta la vicenda è dunque un affresco, di cui, attraverso i secoli, solo rare ma significative voci restituiscono la memoria.
Prima fra tutte quella di Giorgio Vasari che nelle Vite, a proposito degli impegni vaticani del Pinturicchio, ricorda: “ritrasse sopra la porta di una camera [degli Appartamenti Borgia in Vaticano] la signora Giulia Farnese per il volto di una Nostra Donna e, nel medesimo quadro la testa d’esso papa Alessandro che l’adora”.
Tale era la carica trasgressiva di una simile affermazione che la testimonianza di Vasari circa l’esistenza dell’affresco – indebolita peraltro dall’oggettiva mancanza di elementi di riscontro – fu per secoli ritenuta impossibile a credersi ovvero considerata frutto di confusione con altra scena, se non semplice ripetizione di popolari maldicenze riferite a papa Borgia.
Oggi si sa invece che la testimonianza di Vasari, oltre a non risultare isolata, conta su inoppugnabili supporti documentari. Come dimostra la cronaca cinquecentesca di Stefano Infessura, e soprattutto il carteggio intrattenuto ai primi del Seicento dal duca di Mantova Francesco IV Gonzaga con il suo legato a Roma, attraverso cui si viene a conoscenza di un gustoso e singolarissimo episodio.
Francesco Gonzaga, avuta notizia dell’esistenza dello scandaloso dipinto nel quale, secondo tradizione, Giulia Farnese – favorita di papa Borgia – appariva accanto a lui ritratta nelle sembianze di una Vergine Maria, trovò la cosa irresistibile occasione di scherno verso la famiglia Farnese e dunque incaricò immediatamente il pittore mantovano Pietro Facchetti di realizzarne una copia. L’intento, per nulla celato, del duca di Mantova era quello di screditare il nome dei Farnese, tramandando alla storia il ruolo, non propriamente protocollare, avuto da Giulia all’interno della corte vaticana e in particolare i grandi benefìci che tale situazione aveva apportato alla famiglia tutta.
E’ infatti risaputo che fu proprio grazie all’intercessione di Giulia che suo fratello Alessandro potè essere nominato cardinale, per divenire poi memorabile papa con il nome di Paolo III. Da qui l’inizio dell’inarrestabile ascesa e affermazione del casato presso le più importanti corti europee.
Il Facchetti, introdottosi quindi con uno stratagemma negli appartamenti vaticani – la cronaca ricorda per l’appunto come riuscì a corrompere un guardarobiere offrendogli “un paio di calze di seta” – si fece “svelare” il dipinto – prudentemente coperto con un “tafetà” inchiodato – e riuscì a riprodurlo in una tela, destinato a rimanere prima e unica testimonianza per i posteri dell’imbarazzante scena.
Corre frattanto il tempo e si giunge al 1655, anno in cui sale al soglio pontificio Fabio Chigi assumendo il titolo di Alessandro VII. Questi è il primo pontefice che ha l’ardire di recuperare il nome già utilizzato in precedenza dal tanto discusso papa Borgia, ma proprio per questo tale atto si accompagna anche alla sua strenua determinazione a far scomparire, per quanto possibile, ogni ricordo di Alessandro VI e delle sue scelleratezze.
Una delle prime vittime illustri di tale damnatio memoriae sarà proprio l’affresco “blasfemo” degli appartamenti Borgia, che, per suo volere, viene distaccato e frammentato, affinché nulla si tramandi.
Il severo censore raggiunse sicuramente il suo scopo, dal momento che nei secoli successivi dell’affresco non si ebbe più notizia.
Ma anche i segreti meglio custoditi sono soggetti all’imprevedibile volere del caso.
Nel novembre del 1940, la principessa Eleonora Chigi Albani della Rovere e suo figlio Giovanni Incisa della Rocchetta, appassionato storico dell’arte, invitati a visitare il palazzo di una famiglia patrizia mantovana, improvvisamente si trovano di fronte alla favoleggiata tela di Facchetti. Solo grazie all’irripetibile coincidenza di aver riunite in una sola persona memoria storica familiare e specifiche competenze artistiche, Giovanni Incisa della Rocchetta si ritrova improvvisamente in mano le chiavi per risolvere questo intricato giallo storico.
Ai suoi occhi appare finalmente chiaro che i due dipinti raffiguranti un Gesù bambino benedicente e un volto di Madonna – da secoli in possesso della sua famiglia, ma di provenienza mai individuata – sono proprio le parti superstiti del leggendario affresco realizzato dal Pinturicchio per le stanze vaticane: la stessa scena segnalata, senza essere creduti, da Vasari ed altre fonti antiche!
In seguito i due capolavori rimangono ancora per molti anni nella collezione Chigi, poi – è storia dei giorni nostri – ecco l’improvvisa comparsa del Bambin Gesù delle mani sul circuito antiquario internazionale e, da qui, il passaggio al nuovo curatore, lo stesso che oggi ha inteso far riscrivere per intero, e dunque offrire al pubblico, la storia del più misterioso capolavoro del Pinturicchio.
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La mostra “Il Bambin Gesù delle Mani” si potrà visitare presso il “Museo Claudio Faina” di Orvieto con i seguenti orari di apertura al pubblico: dalle ore 09:30 alle 18:00 ad esclusione del Martedì.
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