Umbria Jazz Winter#28: programma di Domani 30 dicembre, secondo giorno della kermesse

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Umbria Jazz Winter#28: programma di Domani 30 dicembre, secondo giorno della kermesse

COMUNICATO STAMPA n. 1076/21 G.M. del 29.12.21 
Umbria Jazz Winter#28: Domani 30 dicembre secondo giorno della kermesse con il piano solo di Sullivan Fortner al Museo Emilio Greco, Mckenzie-Lubambo-Morlenbaum, Lionel Loueke e Bill Frisell con l’Umbria Jazz Orchestra al Teatro Mancinelli
• Musica non stop al Palazzo del Popolo e al Palazzo dei Sette
(ON/AF) – ORVIETO – Nella seconda giornata di Umbria Jazz Winter – giovedì 30 dicembre – a dare spettacolo arrivano il piano solo di Sullivan Fortner al Museo Emilio Greco e Mckenzie-Lubambo-Morlenbaum, Lionel Loueke e Bill Frisell con l’Umbria Jazz Orchestra al Teatro Mancinelli.
Sullivan Fortner, giovane pianista trentaquattrenne di New Orleans, in grande ascesa, nell’ultima edizione estiva di Umbria Jazz ha diviso la scena con la star della vocalità Cecile McLorin Salvant, con la quale ha anche inciso The Window, proprio con la formula voce-pianoforte. Disco premiato con un Grammy. Già in precedenza Fortner aveva suonato a Orvieto sia in piano solo che in trio, con ospite molto particolare una specialista della tap dance, Michela Marino Lerman. 
Fortner è un riconosciuto protagonista della nouvelle vague del pianoforte jazz soprattutto dopo aver vinto il Lincoln Center Award for Emerging Artists. In questa prima fase della sua carriera si è esibito nel circuito Jazz at Lincoln Center ed ai festival di Newport e Monterey, ha suonato con Dianne Reeves, Roy Hargrove (è stato membro dell’ultima formazione del trombettista texano), Wynton Marsalis, Paul Simon, John Scofield, Fred Hersch, DeeDee Bridgewater. Ha pubblicato anche i primi due dischi da leader per la Impulse. Figlio d’arte, ha mosso i primi passi come organista dei cori gospel (sua madre ne dirigeva uno) ed ha poi studiato in istituzioni prestigiose come l’Oberlin Conservatory e il Berklee College of Music. 
Herbie Hancock, il suo mentore – così lo chiama Lionel Loueke – lo ha definito “a musical painter”, un musicista con una visione coloristica, come un pittore che invece dei colori mette dei suoni su una ideale tavolozza musicale. In realtà Loueke, originario del Benin e con alle spalle buoni studi a Parigi e in America, dove è passato anche per le aule del Berklee, ha uno stile personale da non somigliare a nessun altro e dà l’impressione di affondare le radici nel patrimonio musicale del suo mondo di origine, pur avendo assimilato alla perfezione il linguaggio del jazz e le sue tecniche di improvvisazione. Dopo i primi passi nel mondo del jazz “maggiore”, con Terence Blanchard, è con Hancock che Loueke ha conosciuto la definitiva consacrazione. 
Il chitarrista del Benin con Hancock ha suonato a lungo sia del vivo che in studio (ad esempio, i progetti su Joni Mitchell e John Lennon) e non ha dimenticato quanto deve al suo mentore. Per lui Herbie è un vero riferimento a livello umano oltre che artistico, e non lo nasconde: “per me era un bisogno suonare la sua musica”
Ed è nato così l’omaggio che ora si traduce in un evento live ma che già ha prodotto un disco intitolato semplicemente “HH” che sta per Herbie Hancock. La formula, sia dal vivo che in studio, è quella della solo performance ed il repertorio è quello dei classici del periodo più creativo di Hancock, che vanno dai successi hard bop e soul in puro stile Blue Note (“Speak Like A Child”, “Cantaloupe Island”, “Dolphin Dance”, “Watermelon Man”) fino alla svolta elettrica (“Rockit It”, “Butterfly”, “Hang Up Your Hang Ups”). È un omaggio che sembra voler essere intimo e non istituzionale, ma la musica è anche più spettacolare di quello che ci si aspetterebbe, per via di una tecnica che permette a Loueke di sovrapporre linee di basso, accompagnamento, improvvisazione e talvolta una vocalità scura e profonda. Una sorta di uomo/orchestra che attinge ad un songbook molto frequentato senza timori per gli inevitabili confronti e senza cercare effetti speciali.
Nuovo capitolo dell’avventura musicale della Umbria Jazz Orchestra che incontra uno degli artisti più carismatici del jazz moderno, Bill Frisell. I lavori per un organico più esteso non sono una novità per Frisell, che ha frequentato anche questa formula nell’arco di una produzione eclettica ed estremamente variegata. Orchestrazione e direzione sono di uno specialista della materia come Michael Gibbs, storico esponente del jazz europeo, uno dei più brillanti alchimisti del suono. Nel corso di una carriera straordinaria Gibbs ha lavorato, tra gli altri, con Jaco Pastorius, Joni Mitchell, Michael Mantler, Pat Metheny, John McLaughlin, Peter Gabriel, John Scofield, Whitney Houston, Gary Burton. Una autentica eminenza grigia del jazz per grandi formazioni, e comunque un compositore e arrangiatore assolutamente non convenzionale.
La collaborazione dell’orchestra con Frisell – che a Orvieto si potrà ascoltare anche in una solo performance – è l’ultima di una lunga serie, che ha visto la Umbria Jazz Orchestra a fianco di artisti come Kurt Elling, Ryan Truesdell, Wayne Shorter, Gil Gildestein, Gregory Porter-Vince Mendoza, Quincy Jones, Paolo Fresu, Ethan Iverson.

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Ultimo aggiornamento
29/12/2021